IL VUOTO INTERIORE E LA “FAME” D’AMORE DELLA DIPENDENZA AFFETTIVA


La storia di Maria
Prendo spunto dalla storia di una mia paziente (storia un po’ trasformata per ovvie ragioni di privacy) per parlare di un tema oggi molto discusso ma che non è affatto banale: la dipendenza affettiva.

Maria è una donna di circa 40 anni, molto bella, con un lavoro di responsabilità in cui crede e che la soddisfa. Viene da me perché dopo molti anni di matrimonio scopre che il marito ha avuto diverse amanti, l’ultima delle quali si presenta dalla mia paziente dicendole che quest’uomo le ha confessato di non poter vivere senza di lei e di amarla.
Maria, è distrutta dal dolore, mi dice che non sa spiegarsi come sia potuto accadere, che cosa abbia lei che non va come donna e come moglie. Mi racconta dodici anni di matrimonio in cui il marito è sempre fuori per lavoro e quando torna a casa c’è poco. Lei cresce tre figli praticamente da sola, lavorando e gestendo la casa: “Mi sono sempre sentita sola. Lui non c’era mai. Quando gli facevo notare questo, mi portava qualche regalo al ritorno dai viaggi di lavoro ma poi, dopo qualche tempo, tornava ad essere assente e distratto. Non ha mai parlato con un professore dei nostri figli, non sa neanche dove si trova lo studio del loro pediatra”.
Alla mia domanda su cosa la tenesse insieme a lui, Maria non sa rispondere, non si era mai fatta questa domanda. Farfuglia qualcosa sul fatto che sia un uomo simpatico e brillante. Carismatico. Ma nulla più.

Cosa, allora, tiene Maria “legata” a quest’uomo? Leggi tutto “IL VUOTO INTERIORE E LA “FAME” D’AMORE DELLA DIPENDENZA AFFETTIVA”

L’INTIMA ESPERIENZA DEL NARCISISMO

NARCISISMO, UN PO’ DI CHIAREZZA SUL TERMINE
Diciamoci la verità, oggi il termine “narcisista” è entrato nella terminologia comune per indicare una persona che è sempre al centro dell’attenzione, “egoista”, che pensa solo a sé.
Nel panorama psicodinamico e diagnostico Nancy Mc Williams (2011) utilizza il termine narcisista per indicare tutte quelle persone che per mantenere la propria autostima hanno bisogno di continue conferme da parte dell’esterno.
La letteratura psicoanalitica si è a lungo occupata del narcisismo e delle sue sfumature  (Reich, 1960; Gabbard, 1989; Akhtar, 2000).
Jones (1913) fu tra i primi a descrivere la persona narcisista nella sua accezione più grandiosa (forse l’accezione più nota a livello comune) e ne ha parlato come di una persona esibizionista, distaccata, inaccessibile a livello emotivo, con la tendenza a sopravvalutare le proprie capacità, giudicare gli altri e sentirsi onnipotente.
Bernardi ed Eidlin in un recente articolo hanno provato a mettere in evidenza i due sottotipi di personalità narcisista Leggi tutto “L’INTIMA ESPERIENZA DEL NARCISISMO”

LENIRE IL DOLORE ATTRAVERSO IL DOLORE: IL CUTTING

Introduzione
Sempre più frequente, e non solo tra gli adolescenti, sta diventando questa pratica denominata “cutting”. Letteralmente significa “tagliarsi” ma utilizzerò questo termine per indicare, più generalmente, ogni tipo di ferita che viene praticata sul proprio corpo in momenti di profonda sofferenza. Le lesioni vengono praticate in modo più o meno superficiale con l’ausilio di strumenti che possono essere lamette, taglierini, coltellini ma anche le stesse unghie delle mani. Qualsiasi arnese serva allo scopo di procurarsi delle ferite.

PERCHÈ LA SCELTA DI FERIRE IL CORPO?
Per esperienza personale, molte delle persone che praticano questa forma di autolesionismo non hanno lo scopo di ferirsi per togliersi la vita, ma non è possibile affermare che tutte le persone che si feriscono non desiderano anche di tentare il suicidio. Auto-procurarsi delle ferite è una pratica che può avere tantissimi significati, molti dei quali sono legati alla storia personale di ognuno. Provando però a ragionare per elementi che accomunano spesso la pratica del cutting, possiamo mettere in evidenza alcuni aspetti che fanno “scegliere” di autoinfliggersi del dolore:

– USARE IL CORPO PER GESTIRE UNA SOFFERENZA: spesso procurarsi del dolore fisico è estremamente legato ad un’impossibilità di mettere in parole il profondo dolore che si sta attraversando.

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ADOLESCENTI: IL MONDO MULTICOLORE DIETRO LO SCHERMO

Introduzione
Anche i terapeuti sbagliano. O per meglio dire, anche gli adulti commettono errori. Questo articolo trae spunto da un mio giovane paziente che tempo fa mi comunicò improvvisamente che non sarebbe più venuto in terapia. Questo ragazzo arrivò da me sulla scia di un’urgenza da parte dei genitori, preoccupati per il suo benessere ma anche per la sua stessa vita. Mi ero fatta l’idea che avrei trovato un ragazzo timido, impacciato, isolato, triste e “vuoto”. Invece ho avuto modo di ricredermi: questo giovane paziente non solo non era “vuoto” ma aveva molto da dire, nonostante un primo imbarazzo di farlo di fronte ad una sconosciuta. È passato del tempo ormai da quando le nostre strade si sono divise, ma questo incontro mi ha dato ancora una volta modo di riflettere su quanto ricco sia il mondo degli adolescenti e quanto sia complesso comprenderlo ed averne accesso.
Gli adolescenti hanno molto da dire e, soprattutto, sanno pensare.
La tecnologia non aiuta in questo. Oggi i contenuti tecnologici e social disponibili spesso non permettono molto di “allenare il pensiero”: tutto è talmente veloce, e a volte superficiale, che lo strumento multimediale diventa un passatempo unidirezionale. Mi capita spesso di rapportarmi con ragazzi che usano piattaforme come Tik Tok soltanto per guardare una quantità infinita di video di qualsiasi tipo, senza conoscerne gli autori e senza creare loro stessi dei contenuti da postare. Alcuni ragazzi preadolescenti alle prime esperienze sentimentali si fidanzano tramite Facebook senza conoscersi nè vedersi di persona e, cosa ancor più bizzarra, spesso non ne sentono neanche il bisogno.
Sembrerebbe che gli adolescenti oggi utilizzino lo schermo del cellulare o del pc per “schermarsi” anche loro dal dover gestire tutta l’altalena emotiva e le incertezze che questo periodo di sviluppo comportano.

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Il sogno: un ponte verso la conoscenza di sé

Paint the future- Andrew Jude

Introduzione
Parlare del sogno apre uno spiraglio da cui è possibile trarre tantissimi spunti e che è possibile ammirare da tantissime prospettive differenti.
Il motivo che mi ha spinto a scrivere dei sogni è molto legato alla curiosità che muove ogni paziente quando arriva in seduta a condividere con me il racconto di un sogno.
Non è semplice parlare dei sogni sia per la complessità del tema, sia per la molteplicità di prospettive attraverso cui poter leggere i processi onirici. Si può dire che le ricerche sul sonno e sul sogno sono già molte e molti altri spunti di indagine aprono il varco ad altri svariati campi percorribili di ricerca.
Lo sguardo con cui approccio al sogno in questo articolo è neurofisiologico e psicoanalitico.
La scelta di dare spazio a questi due ambiti sta nel fatto che ritengo importante mettere in luce come il sogno abbia, al contempo, sia una funzione fisiologica che psicologica. Entrambe queste funzioni si intrecciano, si combinano e ci conducono alla scoperta di noi stessi e alla nostra evoluzione psicofisica.

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GHOSTING, BREADCRUMBING, PAPERCLIPPING… LE RELAZIONI CHE NON DECOLLANO NELL’ERA MODERNA

In rete, e con le mie pazienti più giovani, sono di recente incappata con curiosità in alcuni neologismi creati, più o meno appositamente, per indicare fenomeni relazionali sempre più presenti nell’epoca delle relazioni moderne.

Quando mi riferisco alle relazioni moderne, penso a quei rapporti che si creano e si “consumano” all’interno della società contemporanea che fonda nella velocità un valore e nel moto perpetuo le sue fondamenta.
Il sociologo Bauman (2007), descrivendo lo stile di vita nella società contemporanea si riferisce ad essa come ad una “liquid modern life” (p.4), ovvero una vita in cui tutto si compone e decompone rapidamente, in cui i tempi contemporanei sono quelli dove il cambiamento deve essere una costante. Il rischio diventa poi quello di vivere nella convinzione che l’incostanza sia l’unica certezza.
Non c’è da stupirsi dunque se le relazioni odierne sono la cartina tornasole di tutto questo e se esse si vanno caratterizzando per la rapidità con cui iniziano e terminano, per la confusione identitaria con cui prendono forma e per l’insoddisfazione che creano.

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Essere genitori durante la separazione coniugale

La separazione coniugale è un evento molto delicato che comporta la rottura dell’equilibrio familiare. Questa rottura può essere letta ed inquadrata entro duplici versanti: quello della separazione legale e quello della separazione psicologica dei coniugi.

La separazione legale è un momento critico per l’intero sistema-famiglia in cui possono esserci diverse sensazioni ed emozioni che si intrecciano tra loro, ad esempio: insicurezza, tristezza, rivalsa, sensi di colpa, senso di perdita.

Questo avvenimento richiede uno sforzo da parte dei coniugi per cercare un nuovo equilibrio, ed è possibile che questa ricerca sia ancora più faticosa quando la coppia che si separa ha dei figli.

La separazione può essere un passo più o meno difficile.

La difficoltà può essere collegata alla condivisione o meno della scelta di separarsi. Leggi tutto “Essere genitori durante la separazione coniugale”

COME NASCE UN PAPÀ: RISORSE E OSTACOLI NELLA COSTRUZIONE DEL RUOLO GENITORIALE

Questo articolo prende spunto dalle riflessioni che nascono nel mio studio dove arrivano tanti papà in cerca di aiuto, o semplicemente di risorse in più, per affrontare il loro difficile ruolo.
Ma perché difficile? Diciamocelo: il papà, rispetto alla mamma, arriva nove mesi dopo. E quei nove mesi di gestazione creano un legame viscerale tra la figura materna ed il piccolo esserino che nascerà; legame che può dare l’impressione al papà di essere sempre “in affanno” rispetto alla posizione che ricopre la figura genitoriale femminile.

IL PAPÀ NON VIENE DOPO LA MAMMA! PERCHÉ È IMPORTANTE LA FUNZIONE PATERNA
Abbandoniamo l’idea che solo la madre sia decisiva nello sviluppo del bambino nei primissimi anni di vita.
Troppo spesso leggo che la funzione paterna, nelle fasi iniziale di costruzione del nuovo assetto familiare, serve a proteggere la diade madre-bambino e la loro interazione funzionale alla crescita del piccolo nuovo arrivato. Il papà non è solo questo!

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GUERRA E PANDEMIA: QUANDO L’ANSIA CI ACCOMPAGNA NELLE METAMORFOSI SOCIALI

Questi ultimi anni si sono caratterizzati per l’arrivo di eventi, di portata mondiale, che hanno avuto ripercussioni su molteplici aspetti di vita, quali ad esempio quelli sociali, psicologici ed economici. Il diffondersi del Covid-19, e lo scoppio della guerra in Ucraina, sono eventi che si sono verificati in rapida successione; lasciandoci smarriti ed increduli di fronte a quanto stava succedendo.
Per quanto riguarda il Covid-19, si è passati dall’annuncio di alcuni focolai in Cina ad una rapidissima diffusione su scala globale del Virus che, nel giro di poco tempo, ha modificato moltissime nostre abitudini e ci ha imposto un cambiamento negli stili di vita ed un’attenzione scrupolosa verso la nostra salute. A distanza di due anni, quando si sta uscendo dalla fase pandemia per passare in una fase di convivenza controllata con il Virus, ci ritroviamo a leggere che Putin ha avviato un’operazione militare in Ucraina con l’obiettivo dichiarato di smilitarizzare il paese e proteggere il Donbass (https://tg24.sky.it/mondo/approfondimenti/perche-russia-invade-ucraina). Dopo poco questa operazione si trasforma in una guerra che chiama in causa molti altri paesi.
I timori sono molti: dallo scoppio di una guerra mondiale, alle ripercussioni economiche di questo conflitto, all’aiuto umanitario e concreto che si può dare alle vittime di questa guerra. Tutto ciò prosegue parallelamente ai contagi, alle quarantene, alle metamorfosi legislative rispetto all’uso dei dispositivi di protezione individuale, dei vaccini e del Green Pass.

PERCHÉ PARLARE DI ANSIA OGGI
Sarebbe impossibile oggi non essere “colpiti” da tutti questi eventi che collettivamente coinvolgono ognuno di noi e influenzano le nostre vite, seppur in modi differenti.

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I DISTURBI ALIMENTARI: QUANDO È IL CORPO CHE PARLA

Quando nel mio studio arriva un paziente che mi racconta di un suo sintomo, spesso la richiesta che accompagna questa narrazione è quella di eliminarlo nella convinzione che, scomparso il sintomo, si dissolverà il problema.
Nella realtà delle cose la faccenda è ben più complessa poiché il sintomo è solo l’aspetto più esteriore e superficiale di una sofferenza più profonda.
Esso, infatti, ha un duplice valore: da un lato è motore di un problema e causa di un disagio; ma dall’altra è quel campanello d’allarme che ci indica che qualcosa non funziona più.
Il sintomo è un segnale che ci può aiutare a capire che qualcosa non sta più andando come dovrebbe.

Tricoli (2017) ci ricorda che il sintomo è un segno che esprime l’impossibilità di mettere in parole degli aspetti propri della persona che premono per uscire. E allora la strada per questa esternazione può diventare proprio il corpo.

PERCHÈ COMPARE IL SINTOMO
Come sottolinea Tronick (2005) ogni individuo è costantemente impegnato in un processo volto sia a mantenere lo status quo di come egli è e di come si è strutturato nelle sue distintive caratteristiche, sia a mettere in atto delle trasformazioni personali in virtù delle novità che la vita gli propone. Leggi tutto “I DISTURBI ALIMENTARI: QUANDO È IL CORPO CHE PARLA”