DALL’ ALCOVA AL NIDO: L’ARRIVO DI UN FIGLIO E L’IMPATTO SULLA COPPIA
La nascita di un figlio è un evento emozionante che stravolge la vita e che richiede dei cambiamenti nel rapporto tra i partners: all’arrivo del bambino non si è più soltanto coniugi ma anche genitori ed è necessario riuscire a conciliare entrambi i ruoli, dando vita ad una nuova identità di coppia.
Ogni fase della vita coniugale è caratterizzata da una serie di compiti di sviluppo (Bianchi, Giusti, 2012, p. 275).
Anche nel caso della nascita di un figlio, la diade si troverà di fronte a delle trasformazioni di cui doversi occupare:
- una necessaria re-distribuzione delle risorse economiche e mentali per far spazio anche alle esigenze del nuovo arrivato;
- un cambiamento della sessualità: l’intimità fisica può andare incontro ad un temporaneo arresto o diminuzione, sia per via dei postumi del parto che per via della nuova routine che può essere stancante per i neo genitori. Possono esserci dei nuovi impegni o semplicemente la presenza di una nuova progettualità che fa mettere la sessualità in secondo piano.
Ovviamente questa situazione non dura per sempre, ma non è raro che all’aspetto più romantico e passionale del rapporto di coppia possano subentrare altri aspetti, legati ad una condivisione delle nuove esperienze vissute, che entrambi i partner fanno dopo la nascita del bambino. Queste esperienze possono essere una ricchezza perché insegnano ad entrambi i coniugi cose nuove l’uno sull’altro ed arricchiscono la relazione.
La coppia dovrà essere in grado di riorganizzare la propria quotidianità ed il proprio rapporto alla luce di queste nuove esperienze; - una nuova riorganizzazione del rapporto con la famiglia di origine. Ogni coniuge dovrà fare ora i conti con l’essere sia genitore che figlio: si confronterà con i modelli educativi ricevuti dai propri genitori e con l’immagine di lui come figlio. Questo può portare a galla vecchi conflitti: ad esempio, il partner può essere impegnato nel confronto con il proprio padre e vivere il timore di essere come lui, o al contrario, non riuscire ad essere alla sua altezza. La partner può essere alle prese con una rielaborazione del rapporto con la madre in virtù del ruolo genitoriale che sta costruendo.
Inoltre l’arrivo del neonato può portare i nonni ad essere molto presenti all’interno del nuovo nucleo familiare. Questo a volte può essere vissuto come un aiuto, mentre altre come un’invasione o un’assenza di confini. Starà alla coppia riflettere su come sta vivendo la presenza dei nonni, e ognuno dei partner dovrà prendere consapevolezza rispetto alle aspettative che ha verso i propri genitori così da poter definire e concordare le regole e le funzioni del ruolo dei nonni.
Come sottolinea Schaffer (2005), l’arrivo di un figlio può anche portare ad una migliore relazione con la propria famiglia d’origine; quando quest’ultima è vissuta come supporto e non come ostacolo per il nuovo nucleo familiare che si sta formando.
Le trasformazioni a cui la coppia va incontro dopo la nascita di un figlio porteranno i partners a dover ridefinire alcuni aspetti del rapporto.
Essi dovranno includere nella relazione coniugale aspetti connessi alla genitorialità ricordando, al tempo stesso, che si è sia compagni l’uno dell’altro sia genitori del proprio bambino senza lasciare che uno dei due ruoli schiacci l’altro.
Secondo Gobbi (2002) una coppia coesa non avrà grandi difficoltà nel riuscire a far spazio al bambino all’interno della famiglia.
Anche se la riorganizzazione dell’equilibrio familiare dopo la nascita di un figlio è un evento critico, poiché stravolge degli equilibri precedenti, una relazione di coppia funzionante e soddisfacente può essere predittrice di un clima familiare positivo anche dopo l’arrivo del bambino.
Viceversa, un rapporto teso o disfunzionale, può andare incontro ad ulteriori problemi quando arriva il momento di riuscire a conciliare le esigenze del neonato con quelle della coppia.
Ad esempio Johnson e Kluwer (2007), nelle coppie che riferivano una difficoltà nella gestione dei conflitti già prima della gravidanza, hanno riscontrato la presenza di una conflittualità ancor più elevata dopo la nascita del bambino.
PROBLEMI EMERGENTI NEL RAPPORTO DI COPPIA DOPO LA NASCITA DI UN FIGLIO
- Durante la gravidanza esiste uno stato fusionale tra madre e bambino. Man mano che il feto cresce e la donna inizia a sentirne i movimenti, comincerà anche a percepire il piccolo come differenziato da sé. Alla nascita continua, però, questo legame privilegiato tra donna e bambino. Il rischio è che il partner possa sentirsi escluso e allontanato. È importante quindi che la donna coinvolga il compagno nella cura e nella crescita del bambino, che lo faccia sentire presente e partecipe.
Una vicinanza affettuosa del partner verso la donna, sia in gravidanza che nei primi mesi dopo la nascita del piccolo, favorisce lo svilupparsi di un clima sereno dopo il parto e permetta alla coppia di mantenere una buona qualità della relazione.
Inoltre secondo Bradbury et al. (2008) l’aver desiderato e pianificato la gravidanza, oltre il livello di soddisfazione della relazione prima del parto, è un fattore che può incidere positivamente sul minor rischio di declino della coppia con l’arrivo di un figlio.
- La nascita di un figlio comporta un passaggio fondamentale nella famiglia: dall’essere in due all’essere in tre. Questa nuova condizione può portare a “sentimenti di esclusione e gelosia” (Curto, Manucci, 2003, p. 46). Questi sentimenti possono essere provati da entrambi i partner nel momento in cui uno dei due si sente “tagliato fuori” (ibidem) dall’altro: ad esempio può accadere che il bambino venga visto come rivale, come colui che indebolisce il rapporto di coppia o che non permette ad essa di ritargliarsi spazi di intimità.
- Dopo il parto il brusco calo ormonale nella donna può comportare delle ripercussioni sul suo stato emotivo. Non è infrequente che possa essere soggetta a sbalzi d’umore, alternando momenti di euforia ad altri di grande tristezza. Se questi sbalzi sono temporanei, e non incidono sulla capacità di prendersi cura del bambino e di se stessa, sono del tutto naturali; diverso è se iniziano ad avere ripercussioni sul benessere del bambino, della coppia e della neomamma.
Quando la donna attraversa un periodo in cui si trova in uno stato di tristezza ma le sue capacità di accudimento del bambino non sono compromesse, si parla di Baby Blues (chiamato anche Maternity Blues).
È un fenomeno transitorio che colpisce tra il 30 e l’85% di donne dopo il parto. I sintomi iniziano generalmente qualche giorno dopo aver partorito e in genere scompaiono entro qualche settimana (Connor et al., 1981; O’Hara et al., 1990).
Le sue manifestazioni possono comprendere: tristezza, umore labile, ansia, stanchezza, tendenza al pianto, ipersensibilità e mancanza di concentrazione.
A causare questo disturbo passeggero sono diversi fattori che possono concatenarsi insieme: i rapidi cambiamenti ormonali a seguito del parto, i dolori fisici che la neomamma può avere dopo la nascita del bambino, la stanchezza per i nuovi impegni ed i nuovi ritmi di vita quotidiani.
Il ruolo del partner può essere importante: egli può sostenere la donna occupandosi insieme a lei delle faccende domestiche e della cura del bambino. Inoltre il partner può essere un’affettuosa presenza in grado di sostenere anche a livello affettivo la compagna, attraverso piccoli gesti che mostrano tenerezza e attenzioni verso di lei.
Quando la sensazione di tristezza diventa sempre più marcata e debilitante si parla invece di Depressione Post-Partum. In genere è un fenomeno più raro del primo che si può verificare dopo 2 settimane ma anche a distanza di un anno dal parto. In questo caso, ad accompagnare la tristezza, l’ansia e l’ipersensibilità vi sono anche sentimenti di inadeguatezza, incompetenza, disperazione e trascuratezza verso sé ed il bambino ed un marcato disinteresse nel fare le cose. La donna si sente inadeguata come partner e come madre e, nei casi più gravi, può avvertire il bambino come un peso e non sentirsi gratificata, né dal proprio ruolo materno né, dal prendersi cura del figlio (O’Hara, 2009).
In questo caso il partner, una volta riconosciute le caratteristiche della depressione, può svolgere il ruolo da tramite tra la compagna ed il professionista. È importante un aiuto esterno e specifico volto a sostenere le funzioni materne della donna e ripristinare il suo senso di valore personale. Ci si può rivolgere a psicologi, psichiatri, ma anche ai medici di base che spesso possono indirizzare la persona verso il professionista più indicato per quella specifica situazione.
LE CHIAVI DEL SUCCESSO PER UNA SODDISFAZIONE DELLA VITA FAMILIARE E CONIUGALE
In momenti critici la coppia può senz’altro ricorrere all’aiuto di un professionista. Uno degli interventi possibili è “l’enrichment familiare” (Bertoni, 2006, p. 231). Esso consiste nel rafforzamento delle risorse coniugali, nel miglioramento delle competenze familiari e nella prevenzione di eventuali problematicità. L’intervento psicologico può agire su più livelli: familiare, genitoriale e coniugale in base agli aspetti sui quali ci si focalizza nel lavoro di arricchimento di risorse e potenzialità (ibidem).
Quali risorse possono essere incrementate nella coppia per aiutarla a ritrovare o mantenere la soddisfazione coniugale ed il benessere familiare?
- Le abilità comunicative per favorire il dialogo. Comunicare vuol dire anche ascoltarsi, imparare a conoscersi e a condividere. La condivisione è alla base del sentimento di reciprocità, che è un elemento essenziale per il benessere della coppia.
- Le abilità di problem solving. Riuscire ad identificare e scegliere la soluzone ritenuta ottimale per risolvere un determinato problema.
- Le abilità di coping. Trovare delle strategie adeguate per gestire lo stress emotivo che può colpire la coppia nel primo periodo dopo la nascita del figlio.
- Imparare a negoziare. Come ricorda Gobbi (2002), è necessario che i bisogni e i desideri di un partner vengano confrontati con quelli dell’altro e con le esigenze del bambino, così da poter coinciliare le esigenze di ciascun membro della famiglia.
Ma quanto tempo serve alla coppia, dopo la nascita di un figlio, per riorganizzare una nuova routine e costruire un nuovo equilibrio?
Non esiste una tempistica uguale per tutti. Inizialmente i coniugi saranno molto focalizzati sul bambino: dovranno imparare a conoscerlo, a rispondere alle sue esigenze e a sentirsi sicuri e competenti come genitori. Solitamente quando i figli sono in età scolare (dai 6 anni circa) la coppia torna ad investire ampiamente nel proprio rapporto, ed ognuno dei partner riesce a prendersi degli spazi per coltivare i propri interessi.
Questo non significa che fino ad allora si è concentrati esclusivamente sulla genitorialità, ma che sarà necessaria una maggiore organizzazione ed un maggior dialogo per far sì che la coppia riesca a ritagliarsi degli spazi per sé.
Ricordiamoci anche che il passare dall’essere in due all’essere in tre può far scoprire aspetti sconosciuti di se stessi e del partner, andando ad arricchire la propria visione di sè e quella del compagno che si ha a fianco.
Riferimenti bibliografici
Bertoni A. (2006), L’‘enrichment’ familiare, in Rossi G., Scabini E. (a cura di) Le parole della famiglia, Vita e Pensiero, Milano;
Bianchi E., Giusti G. (2012), Evolvere rimanendo insieme. Ricerche sulla longevità dei rapporti di coppia per consolidare l’amore e recuperare l’intimità, Sovera Edizioni, Roma;
Bradbury T.N., Cobb R.J., Lawrence E., Rothman A.D., Rothman M.T. (2008), Marital satisfactions across the transition to parenthood, Journal of Family Psychology, 22, 41–50;
Connor Y., Cox J.L., Kendell R.E., McGuire R.J. (1981), Mood changes in the first three weeks after childbirth, Journal of Affect Disorder, 3, 317-26;
Curto C., Manucci C. (2003), Le nuove coppie. Mode e modi di stare insieme, Armando Editore, Roma;
Gobbi G. (2002) , Coppia e famiglia. Crescere insieme, Vita-nuova, Verona;
Johnson M.D., Kluwer E.S. (2007), Conflict frequency and relationship quality across the transition to parenthood, Journal of Marriage and Family, 69, 1089–1106;
O’Hara M.W., Philipps L.H., Wright E.J., Zekpski E.M. (1990), Controlled prospective study of post partum mood disorders: comparison of childbearing and nonchilbearing women, Journal of Abnormal Psychology, 99, 3-15;
O’Hara M.W. (2009), Postpartum depression: what we know, Journal of Clinical Psychology, 65(12), 1258–1269;
Schaffer H.R. (2005), Psicologia dello sviluppo, Raffaello Cortina, Milano.