ORIGINE E CARATTERISTICHE DEL FENOMENO
Il termine Hikikomori venne coniato da uno psichiatra giapponese, Saitō Tamaki, che si interessò a questo fenomeno con cui definì i giovani che mostravano segnali di letargìa, impossibilità di comunicare con l’altro e isolamento sociale.
La parola è formata da hiku, che significa “tirare indietro”, e da komoru che significa “ritirarsi”. Infatti l’espressione di questa forma di disagio sta nella violenta reclusione dal mondo esterno al punto da far sì che la persona (spesso adolescente o giovane adulto) si isoli da ogni contatto sociale rimanendo segregato nella propria stanza.
Saitō (1998) ha elencato anche una serie di sintomi che caratterizzerebbero l’Hikikomori, tra essi vi sono:
- ritiro sociale;
- fobia scolare;
- antropofobia (angoscia causata dalla presenza di persone);
- automisofobia (paura di essere sporco o di sporcarsi);
- agorafobia (paura degli spazi aperti);
- manie di persecuzione;
- sintomi ossessivo-compulsivi;
- evitamento sociale;
- apatìa (mancanza di partecipazione, sia intellettiva che affettiva, e di interesse nelle cose);
- letargìa (stato di sonno costante);
- umore depresso;
- inversione del ritmo sonno-veglia;
- sentimenti di autosvalutazione e di colpa.
Watanabe (citato in Ricci, 2009, pp. 123-124) ha evidenziato tre fondamentali caratteristiche del fenomeno:
- il ritiro sociale: un fuggire le relazioni umane per timore dell’altro da sé;
- la chiusura effettiva del mondo fuori dalla propria stanza: gli altri vengono simbolicamente e letteralmente chiusi fuori;
- l’allontanamento, mentale e fisico, dalla vita sociale.
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